I proclami li abbiamo sentiti tutti. Gli uffici virtuali saranno la nuova (nuova) normalità . Il metaverso rivoluzionerà il lavoro di squadra. È il più grande passo avanti nella collaborazione dalla nascita di Internet o dall'invenzione della parola.
Gli ottimisti immaginano un futuro del lavoro in cui i team che operano da remoto si riuniscono in mondi virtuali per più ore al giorno, confrontandosi per scovare idee brillanti o presentando l'ultimo progetto fuori dagli schemi in ambienti simulati come una spiaggia o lo spazio.
Ma Olivier Moingeon è di altro parere, un parere che qualcuno potrebbe definire addirittura controverso. Per usare le sue parole: "L'esperienza del metaverso va ben oltre la collaborazione."
Moingeon è un esperto nella progettazione di ambienti virtuali. Portatile alla mano, dopo 18 anni nel settore del lusso trascorsi lavorando con brand del calibro di Cartier e Goyard, si è buttato a capofitto nella tecnologia VR ed è diventato cofondatore di Exclusible, un brand specializzato nella realizzazione di esperienze immersive basate sul browser per le aziende.
Nel corso degli anni, Moingeon ha scoperto i punti di forza e di debolezza di questi mondi. La categoria in cui fa rientrare la collaborazione non dovrebbe essere troppo difficile da intuire. "Non è una tecnologia che si presta davvero a un lavoro collaborativo. È difficile battere Zoom, che permette di condividere lo schermo", osserva.
Allora, secondo Moingeon, come possiamo progettare le esperienze nel metaverso per farne un valido strumento per le aziende? Per quale scopo ritiene che le aziende dovrebbero usarlo all'atto pratico?
Test a sorpresa: quante persone al mondo giocano attivamente ai videogiochi? Diciamo un 3,09 miliardi? Perché è questa la risposta esatta.
Dato che quasi la metà della popolazione globale appartiene a questo gruppo, non c'è da stupirsi se Moingeon è convinto che la gamification delle esperienze dei dipendenti diventerà uno dei maggiori casi d'uso del metaverso. "Nell'era dell'intrattenimento e dell'attenzione, la gamification di un rapporto è un po' un'evoluzione naturale", sostiene.
Questo processo può configurarsi sotto forma di missioni, cacce al tesoro o anche escape room in realtà virtuale (no, togliersi il visore Meta Quest non conta come fuga riuscita), consentendo ai team di collaborare in modi nuovi ed entusiasmanti. E naturalmente, possono partecipare tutti, da Lima a Lillehammer.
Sono tutti elementi che insieme vanno a costituire un impatto critico sulla cultura. Come spiega Moingeon: "Si può costruire una community interna frequentata dai dipendenti, anche se si trovano in aree geografiche e fusi orari diversi. A renderlo possibile è la gamification dell'esperienza digitale."
Coty ha eseguito questo concetto quasi alla perfezione con il lancio di Coty Campus. Con l'aiuto di Exclusible e del partner di progettazione Polycount, ha creato uno spazio digitale basato sulla gamification per migliorare le esperienze dei dipendenti, fornendo ad esempio ambienti più divertenti per parlare di lavoro o stare insieme.
Il risultato è stata una forza lavoro più unita e produttiva. È la riprova del fatto che, quando viene usata al massimo del suo potenziale, la gamification può cambiare le regole del gioco. E non è solo un gioco di parole!
Pensiamo all'ultima volta che abbiamo voluto veramente partecipare a un evento aziendale. È successo di recente? Non è mai successo?
Siamo sinceri: non tutti sono in grado di organizzare eventi a cui valga la pena andare. Ma Moingeon ha ricordato un esempio dai suoi anni nel settore del lusso che ha influenzato il modo in cui si approccia alla questione. "Sono stato a una sfilata di Louis Vuitton che si è trasformata in un concerto di Pharrell Williams, quindi era innanzitutto un'esperienza di intrattenimento. Tutto il settore del lusso andava in quella direzione", ricorda.
Dopo essersene reso conto, Moingeon è divenuto un fermo sostenitore dell'intrattenimento come priorità numero uno per gli eventi interni, soprattutto man mano che le nuove generazioni vanno a occupare una porzione sempre più rilevante della forza lavoro, che siano i Millennial, la Gen Z o anche la Gen Alpha, una volta che avranno superato la loro fase Bluey.
E adesso, il metaverso offre nuove opportunità per divertirsi a tutto un altro livello, dalle assemblee a bordo piscina ai concerti in streaming nei teatri virtuali. Le aziende devono approfittarne, o si ritroveranno con un gruppo di partecipanti poco coinvolti. "È questo che vogliono le nuove generazioni", insiste. "Vogliono essere intrattenute."
Ma anche al di là dell'intrattenimento, questi eventi possono fungere da arena ideale per migliorare la formazione e rafforzare il senso di community (ecco che ritorna questa parola). Moingeon ha esposto un esempio toccante da un progetto a cui ha lavorato il suo team per Deloitte. "Abbiamo collaborato con un'associazione impegnata nella lotta all'endometriosi, che voleva usare la realtà virtuale come spazio protetto per informare le persone. C'era anche un hub della community in cui le persone potevano ritrovarsi a parlare di questa esperienza che le accomuna."
Si tratta di un punto di vista sano sui possibili utilizzi della tecnologia immersiva. Ma è facile immaginare come le aziende potrebbero anche creare esperienze virtuali per formare i dipendenti sui prodotti o sviluppare una sottocommunity all'interno dei team, per esempio un gruppo dedicato alla DE&I (diversità , equità e inclusione).
Moingeon si ritrova a pensare sempre di più alla formazione. "Stiamo iniziando ad abbandonare i programmi di formazione tradizionale e molto piatti che le aziende hanno implementato per anni", dice. "Ora tutto ruota attorno all'uso delle nuove tecnologie per instaurare rapporti più interessanti con i lavoratori."
Sono finiti i giorni in cui si scorrevano video mal animati con voiceover monotoni il più velocemente possibile. Grazie alla realtà virtuale, ogni esperienza formativa è una lezione pratica in cui i dipendenti possono esercitarsi con scenari del mondo reale, ma senza esporsi ai rischi che il mondo reale comporta. Si può fare un corso per operare un carrello elevatore, per praticare un intervento chirurgico, per gestire i clienti difficili: con la tecnologia VR, si può insegnare praticamente di tutto.
Al momento, Moingeon e il team di Exclusible stanno lavorando per portare altri vantaggi a questi moduli al di fuori delle esperienze in sé. "Stiamo pensando di certificare i corsi di formazione con gli NFT. Si tratta di token che non possono essere scambiati, venduti o sostituiti, quindi potrebbero essere un'ottima soluzione per convalidarne il completamento", spiega.
È vero, gli NFT sono alquanto controversi, ma applicati in questo contesto possono rivelarsi una risorsa preziosa per le aziende che vogliono assicurarsi che i dipendenti portino a termine i compiti a loro assegnati. Sarebbe un caso d'uso aziendale davvero innovativo.
Il tutto si combina per rendere la formazione più efficace, più coinvolgente e, soprattutto, più accessibile. Come fa notare Moingeon: "Si può fare da soli. Si può fare con i propri tempi. Non ci sono vincoli di orario. Ed è disponibile nella maggior parte delle aree geografiche."
Le aziende hanno scoperto che sperimentare con i mondi virtuali internamente può offrire dati fondamentali sulla reazione che potrebbe avere il pubblico. "Un aspetto cruciale è la raccolta di informazioni direttamente dai dipendenti per capire cosa funziona e cosa no. Vengono testati vari moduli e funzioni all'interno della VR, in modo da sapere cosa attira l'attenzione delle persone con molta più sicurezza", ha spiegato Moingeon.
Come osserva, ricavare informazioni dai membri con accesso esclusivo in anteprima è utile perché rende la produzione di progetti VR pubblici più efficace ed efficiente. Si risparmia tempo. Si risparmia denaro. Si risparmiano tante notti in bianco a cercare di capire se l'opzione A avrà prestazioni minimamente superiori all'opzione B.
E, forse l'aspetto più interessante, così si nascondono eventuali errori agli occhi critici del mondo esterno. "È un buon modo per neutralizzare i rischi di un ingresso nella VR perché rimane privato", afferma Moingeon. "Dal momento che è accessibile solo con un indirizzo e-mail da dipendenti, i panni sporchi si lavano in casa."
Anche se Moingeon non è che una delle tante voci all'interno del mondo sconfinato del metaverso, le sue sagge parole possono aiutare le aziende ad apprendere lezioni preziose. La tecnologia va usata, ma in modo intelligente. Bisogna sfruttarne i punti di forza. E bisogna farlo in vista di benefici aziendali concreti, non per fare bella figura con la concorrenza.
Tutto qui.
La collaborazione e il miglioramento delle esperienze digitali sono parte integrante dell'offerta di Meta for Work. Scopri le nostre soluzioni per le riunioni e la collaborazione in VR. Qui troverai spunti sui modi in cui la tecnologia VR può trasformare l'ambiente di lavoro in una community.